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RIFORMA CATASTO COLPISCE IL RISPARMIO
IL RISPARMIO: UNA BELLISSIMA ABITUDINE
Noi siamo un popolo di risparmiatori (chi più chi meno, s’intende). E anche tale abitudine è sedimentata nelle generazioni: gli anni della guerra, del collasso economico, dell’inflazione esplosiva l’hanno insegnato. Il mattone è una certezza economica. Oggi tre persone su quattro hanno una casa di proprietà. Non è mica un peccato, è una sicurezza faticosamente guadagnata. E poi molte case sono ancora assoggettate ai mutui bancari, quindi si è proprietari solo a metà.
Intanto le spese corrono. Per questo le famiglie risparmiano: preferiscono impegnare i propri denari in qualcosa di sicuro, di fisico, di materiale.
Fa parte delle nostre consuetudini volere qualcosa che si vede, si tocca, che esiste, piuttosto che darsi al consumismo dell’American style e bruciare tutto quello che si ha, fintanto che non si cambia o si butta.
Per il Paese è un patrimonio che vale 6mila miliardi di euro. Cifre immense divise tra tanti, che fanno gola. Però il tesoretto delle famiglie non è (o meglio non dovrebbe) diventare il tesoretto dello Stato. La cassaforte da cui attingere per ripagare i debiti aumentando le tasse sugli immobili di proprietà.
E sì, mi riferisco alla riforma sul catasto. D’altra parte questa revisione riporta alla memoria il Governo Monti che nel decreto Salva Italia aumentò le rendite catastali del 65% portando la tassazione a 23 miliardi contro i 9 miliardi della precedente Ici.
RIFORMA: ECCO COSA PREVEDE
Possedere una casa in cui si vive non produce reddito bensì spese, costi. Bisognerebbe tornare al concetto originario in cui lo Stato può tassare solo i beni che producono una rendita. Per non parlare poi delle conseguenze più o meno immediate. Aumento della pressione fiscale, aumento dei parametri Isee e perdita del diritto ad alcune agevolazioni. Sul medio periodo (entro il 2026) potrebbe scattare un’altra patrimoniale con il ritorno dell’Imu sulla prima casa e anche un aumento degli affitti.
È il motivo per cui si devono ponderare bene gli effetti di una riforma del genere. Il governo rassicura che non influirà sul gettito legato agli immobili, ma questo non vuol dire che singolarmente un cittadino non possa pagare di più. A capirlo bastano i motivi espressi sopra, aumento parametri Isee. In serbo poi c’è una revisione delle aliquote.
COME È NATA LA NUOVA REVISIONE CATASTALE
L’idea da cui ha preso le mosse la riforma catastale è quella di far emergere gli immobili non censiti. Quelli fantasma, i cui proprietari non pagano le tasse. Allora si è pensato di fare una mappatura degli immobili identificando gli abusi. Niente di più giusto. Come anche scovare case intestate come prima abitazione (per cui non pagare la relativa Imu) ma che all’atto pratico sono delle seconde.
Ma al contempo si apporta l’adeguamento dei valori catastali e della rendita patrimoniale, prevedendo meccanismi di adeguamento periodico.
DA QUANDO ENTRA IN VIGORE?
Ci vorrà del tempo, ma nel 2026 i dati raccolti dovranno essere disponibili ed entreranno in uso. Certo il modo con il quale si userà questo censimento, sarà a decisione del Governo in carica in quel momento.
LO SPETTRO DELL’AUMENTO PER VIA DEL PNRR
Il punto però è un altro ed è qui che si solleva lo spettro, l’incognita che ha scatenato tante polemiche da far rischiare la tenuta dell’Esecutivo: dall’anno seguente, il 2027, scatta la restituzione dei prestiti del Recovery plan, così come è previsto dal Pnrr. Infatti il Piano di ripresa e resilienza collega l’obbligo di fare delle riforme che possano accompagnare la restituzione dei fondi. In sostanza bisogna assicurarsi di avere i soldi da rendere: sufficienti entrate per far fronte ai debiti.
Ebbene la preoccupazione che le tasse sulle case possano aumentare è più che fondata.